Recensione: “Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”
Bucanieri di tutto il mondo, adunata! Siate pronti ad imbarcarvi nell’avventuroso viaggio di “Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino” di Giacomo Sances!
“I “piccoli” sanno sempre da che parte stare, prima che una persona “grande” faccia credere loro di avere torto. I piccoli hanno molti meno pensieri rispetto a noi grandi perché nel momento dell’azione non guardano al passato o al futuro: non si chiedono quali problemi causerà domani un gesto che compiono oggi, né si fanno domande sul passato di chi si trovano di fronte prima di dirgli “Ciao, come ti chiami?” e di diventarne amici il giorno stesso, a prescindere da tutto.
I piccoli sono gli unici esseri davvero liberi proprio perché sanno vivere nel presente. E se vedono qualcuno in pericolo agiscono spontaneamente, senza farsi troppi problemi o domande.”
-“Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”; Giacomo Sances.
Avete mai desiderato solcare i mari con una nave tutta vostra?
Sentire il rumore delle onde che cullano lo scafo, udire lo starnazzare dei gabbiani sopra la testa, respirare a pieni polmoni quel deciso odore che sprigiona l’oceano. E ancora, raggiungere le terre più lontane e inesplorate, con al fianco gli uomini più in gamba e valorosi di sempre: quelli del vostro equipaggio.
Li avete scelti uno ad uno e non li cambiereste con nessun altro al mondo: c’è il cuoco, il timoniere, il mozzo, il medico di bordo, il nostromo. E poi ci siete voi.
Il capitano.
Siete voi che decidete la rotta da seguire, voi che sollevate gli animi nei momenti di difficoltà, voi che godete del più alto rispetto. E voi che non dovrete mai abbandonare la vostra nave.
È un compito difficile, quello del capitano, ma è appagante e vale la pena rischiare.
Vale la pena assemblare assi di legno per giorni e giorni fino ad ottenere il veliero tanto desiderato.
E alla fine che si fa?
Si parte all’avventura!
Io l’ho fatto, sapete? E anche la mia amica qui, Capitan Gilda, lo ha fatto.
Abbiamo solcato i mari – con due navi diverse, s’intende – e abbiamo affrontato nemici di ogni tipo!
Ciclopi, spettri, mostri marini e altri pirati come noi!
Ops, in effetti avevo dimenticato di dirvi che siamo pirati. Beh, non importa. Che siate dalla nostra parte o da quella della marina militare non fa differenza.
La storia che vi sto per raccontare vi intrigherà ugualmente.
Si tratta di una storia che, ahimè, non mi riguarda. No, perché il mio veliero
altro non era che l’assemblaggio delle grosse sedie di legno che avevo nella
mia stanza da bambina.
Il mio equipaggio? Ovviamente i miei peluche preferiti!
Eh già, niente a che vedere con la ciurma di Gilda! Nella sua figurava persino
un mago, non potevo competere.
Ma una cosa in comune ce l’avevamo io e lei. Un segreto.
L’immaginazione.
Ebbene sì, perché neanche Gilda era un vero capitano pirata e – come me – era tutto frutto della sua fervida immaginazione.
A differenza mia, però, sul mare lei ci stava davvero. Su un peschereccio, per la precisione.
Fu proprio lì che la mia amica cominciò a scrivere “Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”. Ed è da lì che la sua storia ha inizio.
Capitan Gilda e il suo più grande potere
“Ecco, ormai sapete tutto di me e della mia vita reale che conducevo sul peschereccio. E per reale intendo “della realtà”, non “da regina”, purtroppo. Ero pari al niente, ero un nonnulla! Tutto qui, punto, fine!
Perciò, questo mio libro inutile – altro che Memorie da pirata – sarebbe terminato qui se non fosse stato per un ingrediente segreto che, ogni giorno, mentre navigavamo, sbocciava in me: il sogno.”
-“Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”; Giacomo Sances.
Ogni estate la stessa storia.
Il vecchio peschereccio di nonno Carluccio era sempre lì ad attenderla. Gilda doveva trascorrere interi mesi avvolta nel puzzo di pesce mentre si trascinava dietro le grida e gli insulti di suo nonno.
Non che fosse sola con lui, ma la presenza degli altri membri della ciurma non bastava a renderle più gradevole quel soggiorno. Non c’era un momento in cui non doveva subire il veleno sputato da Carluccio nei confronti di tutti – sì, non ce l’aveva solo con lei – soprattutto nei confronti dei mamàu.
Suo nonno diceva che quelli venivano a casa loro per rubare, che portavano delinquenza a criminalità e che un giorno avrebbero dovuto fare i bagagli per lasciare a loro quella terra che non gli apparteneva. Li odiava.
Carluccio odiava i profughi, ma Gilda non riusciva a capire il perché.
Per Ermenegilda – vi ho svelato il suo vero nome, ma per carità non chiamatela mai così! – non erano ammesse spiegazioni. E anche quando la ragazzina provava a chiederle a suo padre non otteneva risposta.
Figuriamoci se Vincenzo le avesse detto qualcosa. Ma qualcosa in generale, perché, in effetti, la comunicazione tra i due non funzionava proprio bene.
E così, lontana dalla terraferma e dai legami che avrebbe tanto desiderato, Gilda aveva finito per lasciarsi trasportare dalla noia. Fortuna che la noia non l’aveva portata alla deriva o in luoghi deserti, ma su spiagge abitate. Quelle dell’immaginazione.
Da quando Gilda aveva dato retta a questa sua nuova amica, la noia aveva fatto i bagagli e le scorribande si erano susseguite una dopo l’altra.
Finché, una notte, ebbe iniziò la più straordinaria delle sue avventure.
Ed ebbe inizio con l’arrivo di un individuo inaspettato.
Un bambino di nome Emmanuel.
Emmanuel e la speranza
“Man mano che recuperava le forze Emmanuel ci raccontava la sua vita. La sua voce era armoniosa, particolare. Pareva che la tristezza delle sue parole riuscisse a scolpire un timbro suadente. Mi sembrava un canto, la sua storia. O una di quelle musiche che provengono dai luoghi più remoti della Terra e dell’anima. Una musica che serba in sé tutti i profumi dell’Africa, e le sue sonorità e i suoi strumenti, i suoi colori, le sue atmosfere. E le sue lacrime.”
-“Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”; Giacomo Sances.
È incredibile pensare a come, nel giro di pochi attimi, possa cambiare tutto.
Quello sarebbe stato il pensiero di Gilda alla fine della sua più grande e inaspettata avventura. E quelle, allo stesso tempo, erano state le prime parole formulate nella mente del piccolo Emmanuel non appena era caduto in mare.
La tempesta e le grosse onde avevano messo a dura prova le povere anime del gommone su cui si trovava il bambino poche ore prima. E, alla fine, lui, aveva perso.
Emmanuel aveva perso la presa, aveva perso l’abbraccio di mamma, aveva perso la sua terra. Credeva di aver perso tutto.
Eppure, qualcosa, non era andata perduta in quel lungo e interminabile viaggio della speranza. Qualcosa aveva resistito alla burrasca, ai morsi della fame e al freddo.
La memoria.
I ricordi di tutto ciò che era stato e che, forse, un giorno sarà di nuovo.
L’amore.
Emmanuel non aveva dimenticato l’affetto per i profumi dell’Africa, per i suoi colori e per i suoi aromi. Non aveva dimenticato le dolci parole della sua mamma e il profondo amore che nutriva per lui.
Eppure, adesso, sembrava tutto così lontano e così difficile da ritrovare.
Lui, un mamàu, che speranze avrebbe potuto avere?
Gilda se lo chiese.
Si chiese perché Pasquale – il suo mago mozzo – avesse portato a bordo quel profugo, rischiando di provocare l’ira di Carluccio. Se lo chiese, ma non appena vide lo sguardo disperato e colmo di lacrime di Emmanuel non ebbe bisogno di alcuna spiegazione.
Pasquale non aveva salvato un delinquente o un criminale.
Il suo mago aveva salvato una vita.
Ma il problema più grosso restava irrisolto: cosa sarebbe successo se suo nonno lo avesse trovato?
Non le aspettava che andare avanti a testa alta per scoprirlo.
“Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino” – un romanzo sinfonico che vi catturerà!
«Il pane buono è quello che ha accolto in sé un agente esterno: il lievito. Il lievito ha tutte le carte in regola per essere una specie di malattia, un fungo che contamina e altera un pane piatto pieno di sé, un pane che si crede completo in tutto e per tutto. Ci è stato donato da popolazioni antiche, sapete? Non l’abbiamo mica inventato noi! Noi lo abbiamo accolto e…diciamoci la verità: quanto ha migliorato i nostri pranzi!
(…)Quando si unisce il meglio tra culture differenti il mondo non può far altro che crescere come il mio pane. Pensateci, pensateci, pensateci.»
-“Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino”; Giacomo Sances.
Vi è mai capitato di pensare ad una musica che stesse particolarmente bene con lo svolgersi di un evento del libro che state leggendo?
Ebbene, sappiate che in “Capitan Gilda. Memorie di guerra e pace con il Clan Destino” non avrete bisogno di immaginarvelo, perché è già così. Il libro è già pieno di meravigliosi e coinvolgenti brani musicali che potrete ascoltare tramite l’applicazione della rispettiva casa editrice, Vesepia!
Grazie alle incalzanti canzoni di Giacomo Sances – compositore, nonché autore del libro stesso – riuscirete ad immergervi totalmente nelle mirabolanti avventure – immaginarie e non – di Capitan Gilda!
Troverete un equipaggio fedele, un’amicizia sincera e persino un fantasma del pane.
Riuscirete a trovarvi letteralmente al fianco di Gilda e Pasquale nel loro disperato tentativo di mettere in salvo il piccolo Emmanuel prima che l’odioso nonno Carluccio lo butti fuori dal suo peschereccio.
Vi schiererete al loro fianco per dare una mano ad un amico alla ricerca della sua mamma?
Se la risposta è sì, saltate immediatamente a bordo del Teschio Rosa – lo splendido veliero del nostro Capitano Gilda – e vivete anche voi la vostra emozionante avventura in mare aperto!
Per leggere il romanzo sinfonico potete andare sul sito di Vesepia e acquistarlo seduta stante!
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Inoltre, vi invito a dare un’occhiata ai siti di coloro che hanno partecipato alla realizzazione di “Capitan Gilda”, ovvero Laura Maccarrone Art e Officine Creative!
Buona lettura, mia ciurma affiatata, che il vento possa soffiare sempre nella giusta direzione!