Morte sul vulcano, recensione libro con rune
Un mistero e uno strappo netto dall’infanzia all’età adulta: “Morte sul vulcano” si presenta così, ma il segno che lascerà sulla pelle sarà più torbido e profondo del previsto.
Mare, sole, natura selvaggia. E Iddu: lo Stromboli che osserva tutto.
Recarsi in vacanza in un’isola del genere promette divertenti avventure e attimi di serenità.
Ma sono false promesse.
Liam, ragazzino inglese di undici anni, parte con i suoi genitori da Londra per passare i mesi estivi a Ginostra. Con il cuore e la mente invasi dai racconti di Jules Verne e dall’amore per i dinosauri, Liam crede di effettuare scoperte incredibili in un luogo tanto esotico e lontano dalla civiltà. E, in effetti, è proprio ciò che accadrà. Ma non con l’accezione data da lui.
L’incontro e l’amicizia con i ragazzini del luogo, in particolare con Pietro, saranno l’inizio di un’inquietante ricerca: quella per ritrovare il corpo di Ramon Vallejo, un giovane scomparso alcuni anni addietro.
Liam si troverà, così, invischiato in un’ossessiva “caccia all’assassino” che lo condurrà verso terribili rivelazioni. Più si contorcerà per uscirne, più resterà intrappolato.
E, alla fine, nulla sarà più come prima: né lui, né chi lo circonda, né l’intera visione del mondo. Un mondo duro, violento, difficile. E, soprattutto, in cui non esiste la giustizia.
Associo questo libro alla Runa…
“Morte sul vulcano” ti attacca in silenzio. Striscia lento, entrando sotto pelle, dritto al cuore. Non sibila, non fiata. Attende di giungere alla meta, al centro della tua stabilità. Ed è allora che distrugge.
“Morte sul vulcano” è una miscela di giallo, thriller e romanzo di formazione. Attraverso gli occhi di Liam, protagonista di undici anni, fa vivere in prima persona un crescendo di emozioni difficili da gestire. Inizia ponendo l’attenzione su un mistero, e poi scava sempre più giù. Giù, giù, fino a toccare il fondo. Lì, il torbido e gli orrori della vita vengono a galla, lasciandoti addosso un’inquietante sensazione di disagio.
Liam, in vacanza a Ginostra nell’isola di Stromboli, conosce Pietro: è lui a scuotere le fondamenta della sua infanzia. Lo strappa via dai sogni e dalle fantasticherie, facendolo atterrare malamente nella durezza e violenza del mondo. Liam si graffia, si lacera, e sanguina. Cerca con tutto se stesso di restare ancorato alla spensieratezza infantile che lo aveva accompagnato fino ad allora. Ma essa è ormai sparita: tutto ciò che resta è un omicidio e l’assassino di Ramon Vallejo.
La battaglia che Liam si ritrova ad affrontare mi ha fatto pensare alla Runa Isa. Essa indica la desolazione che si manifesta dopo una battaglia – fisica o spirituale che sia. Isa afferma che ci vuole tempo affinché ciò che è stato distrutto vada ricostruito e per lavorare sulla propria crisi o perdita. È effettivamente ciò che accade a Liam dopo il terribile soggiorno a Ginostra, ma con una differenza: il tempo per curarsi, per Liam, forse non giungerà mai al termine. Ciò che ha vissuto lo ha segnato: la sua battaglia continuerà per sempre.
“Morte sul vulcano” non è un romanzo per tutti. Le tematiche affrontate sono forti e crude, anche violente, ma non sono tanto quelle a inquietare: è il modo in cui è narrata la vicenda. Vincent Spasaro, l’autore, utilizza un registro molto basso e diretto, perfetto per l’ambientazione e i personaggi tirati in causa. Esso, però, unito all’attenta e profonda analisi della psicologia del protagonista – e di chi lo circonda – insieme a una visione distorta della realtà, data da Liam, rende la lettura tutt’altro che leggera. Viene fuori un forte senso di disagio e straniamento, esattamente ciò che l’autore voleva raggiungere, ma – appunto – ciò fa sì che la lettura non sia adatta a chiunque.
Oggettivamente parlando, comunque, l’opera è ottima e perfetta per chi regge bene questo genere di sensazioni, emozioni e storie!
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Buona lettura, e ricorda: non è davanti alla Legge che ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni. È davanti a noi stessi.