La donna senza nome, recensione libro con rune
Inspiegabili misteri e sinistri segreti si celano a Villa Turner. Svelali tutti leggendo “La donna senza nome”!
La perdita di una persona cara lascia sempre una ferita dentro il cuore degli uomini. E nonostante la sofferenza sia un tratto comune a tutti coloro che la subiscono, ci sono vicende in cui quel dolore arriva a toccare e lacerare corde dell’animo che difficilmente guariscono.
Corde che, come nel caso di Judith, iniziano a suonare tetre nenie che le tolgono il sonno.
L’arrivo a Villa Turner, per la giovane Judith, però, non ha il sapore di una dolce tisana pronta a placare le sue ansie. Tutt’altro. Ha il gusto aspro di verità non dette, paure represse e silenzi assordanti. Ma è presto per tirarsi indietro, e sebbene il compito che l’è stato affidato sia pericoloso e insolito, Judith deve quantomeno fare un tentativo. Uno, uno solo. E poi sarà libera di scegliere se restare o andare via.
Almeno, questo è ciò che Judith dice a se stessa. Tuttavia, ciò a cui andrà incontro potrebbe coinvolgerla più di quanto crede, rendendole sempre più arduo, di minuto in minuto… Tornare indietro.
Indietro, invece, è esattamente l’ultimo posto in cui Gwen desidera andare. Pur senza forze e in uno stato di salute preoccupante, lei e Peter devono proseguire a tutti i costi.
Per dove? Nemmeno loro lo sanno. Ma devono allontanarsi il più possibile da ciò che si sono lasciati alle spalle, e tentare di avvicinarsi a Maryon, la sorella scomparsa di Gwen.
Maryon è sola, spaventata e confusa. Si sente tradita, non sa più a cosa credere e a cosa no. Ma, soprattutto, Maryon è una bomba pronta a esplodere.
Gwen e Peter devono trovarla.
Prima che sia troppo tardi.
Associo questo libro alla Runa…
“La donna senza nome” apre i suoi cancelli in una notte fredda, lugubre e silenziosa. La nebbia avvolge ogni parola e i pochi bagliori che riescono a fenderla si aggirano al suo interno come spettri. Voltiamo pagina e le palpitazioni aumentano. Il respiro si fa affannoso e l’ansia inizia a risalire dalle viscere per attanagliare la gola. Speriamo nell’arrivo di una ventata di pace, di un raggio di sole che ci rassereni.
Ma siamo solo all’inizio.
“La donna senza nome” è pregna di angoscia, mistero, dubbi e pericoli nascosti. È un crescendo di segreti inquietanti e scoperte sconvolgenti. I suoi personaggi si dimenano nell’inchiostro come vittime di sabbie mobili. Sperano di uscirne illesi, ma più si muovono, più restano intrappolati.
Eppure, in mezzo a tutto quel groviglio, tra le paure, le ansie e le corse contro il tempo, c’è una parola che risuona nel profondo dell’animo di Gwen, di Judith e anche di Peter.
Coraggio.
Il coraggio di affrontare il dolore, le sfide che la vita – o l’autrice – pone loro davanti, è la fiamma che non li fa arrendere, anche nei momenti peggiori. È la necessità di andare avanti, è la consapevolezza che ogni crisi può essere superata se la si affronta. È Nauthiz.
La Runa Nauthiz ci indica, infatti, che ci troviamo faccia a faccia con il dolore e dobbiamo sottoporci a una prova di coraggio, in cui fare una scelta: arrenderci o lottare. Possiamo vedere le difficoltà come prove divine che mirano a farci apprendere ciò di cui abbiamo bisogno e, dunque, non tirarci indietro ma affrontarle. Ed ecco perché ho deciso di associare questa Runa a “La donna senza nome”.
Per me, “La donna senza nome” è tutto questo. È la brama di sapere cos’accadrà a Villa Turner, è l’adrenalina nei momenti di terrore, ed è il fuoco che arde quando viene fuori il coraggio e si affronta ogni paura. È tutto questo, sì, e lo è grazie all’abilità dell’autrice.
Laura Usai non si smentisce e ci regala un altro splendido romanzo, in cui la sua maestria nel gestire personaggi, azioni e segreti fa persino un balzo in più, mostrandoci come sia possibile migliorare costantemente.
Se le mie parole ti hanno incuriosito, ti invito ad acquistare una copia di “La donna senza nome” su Amazon e scoprire anche tu il mondo che racchiude!
Buona lettura, che le ferite del passato possano non offuscare le gioie del presente.