La Rotta delle Leggende

La Rotta delle Leggende

La rubrica “La Rotta delle Leggende” nasce come una raccolta di racconti brevi scritti da me, sotto forma di appuntamento online che chiunque può seguire, per raccontare leggende, miti, tradizioni e folklore. Per questo, ogni racconto breve è accompagnato dalla sua “spiegazione”.

Tuttavia, l’idea si è evoluta nel tempo, fino a sfociare in un metaromanzo avente lo stesso titolo della rubrica, disponibile su Amazon!

Ciò non toglie che i racconti pubblicati qui e sul mio profilo Instagram (@la_dama_berkana), resteranno sempre disponibili per una lettura gratuita.

Buona lettura!

TRAMA

Lassù, nella volta notturna, laggiù, nel terreno profondo, molteplici voci cantano le loro storie. Un misterioso Viaggiatore tende l’orecchio e ne trascrive le parole in un vecchio diario. Ha scelto di seguire una rotta ancestrale per riportare alla luce gli antichi racconti nascosti, perché in essi si celano il passato, il presente e il futuro del mondo.           

Sarà un cammino difficile, lungo e faticoso, ma necessario. Insieme al Viaggiatore, incontreremo i sapienti Ciclamini del Re, correremo tra i boschi col Vento del Nord, toccheremo le stelle insieme alla Luna. E riscoprendo le nostre radici, conosceremo finalmente noi stessi. Lo faremo grazie a quest’incredibile rotta. La Rotta delle Leggende.

BOOKTRAILER

QUATTRO RACCONTI

La rotta delle Leggende

Dura era la terra mentre l’aratro tentava di romperne le difese. Con fatica, scendeva giù in profondità, aprendo la strada ai futuri semi che lì si sarebbero adagiati.
Tracce di alberi si scorgevano ancora, tutto intorno. Erano muti, ormai, ma i loro sussurri continuavano a udirsi.
E fu proprio uno di essi che mi chiamò.
Un piccolo ceppo, dalla forma irregolare, giaceva poco distante. I monconi delle sue radici emergevano dalla terra che presto ci avrebbe donato cibo e vita.
Avvicinandomi, lo scrutai con attenzione e capii che sì, sarebbe stato perfetto.


Il 24 Dicembre bussava alla nostra porta, ma noi non eravamo pronti. Non ancora.

Il fuoco scoppiettava gaio nel camino, consapevole dell’importante compito che gli sarebbe toccato a breve. I bambini fremevano dall’emozione, e, lo ammetto, anche io. Ma mancava ancora l’ultimo tocco, prima che lui fosse finito.
Presi il vino, e con delicatezza ne versai un po’ sullo splendido ceppo che era entrato a far parte della famiglia. Lo ricordavo ancora lì, nudo in mezzo al campo, che aspettava la mia venuta. Adesso era ricco, adornato e benedetto. E, grazie a lui, lo saremmo stati anche noi.
Ora il fuoco brillava più di prima, accompagnato dalla frenesia dei bambini. Con gesti solenni, avvicinai il ceppo alle fiamme. Lo guardai con gratitudine e prima di lasciare che prendesse fuoco gli sussurrai: «Grazie.»
E poi, bruciò. Le fiamme si fecero più alte, il profumo del ceppo si diffuse nella casa e i bambini gridarono di gioia.
Un altro anno era passato, e, ancora una volta, la luce ci avrebbe guidato attraverso le tenebre.

SPIEGAZIONE:

Secondo la tradizione, il ceppo natalizio veniva raccolto dai contadini mentre dissodavano i campi.
Dal momento che dissodare un campo significa lavorare un terreno al fine di renderlo adatto alla semina, solo dopo che quel terreno è stato disboscato, risulta chiaro come su un campo del genere sia possibile trovare dei ceppi. Ebbene, proprio tra questi i contadini ne sceglievano uno e lo portavano con loro per farlo seccare.
Successivamente, il ceppo veniva adornato, cosparso di vino o di burro e benedetto. Alla fine, nella notte del 24 Dicembre, veniva gettato tra le fiamme e il fuoco doveva ardere almeno fino a Santo Stefano.

La rotta delle Leggende

Io ero presente, quando il primo mattone fu adagiato sulla terra brulla. I miei occhi non si persero nemmeno una delle gocce di sudore che piovvero sui pilastri di quel nuovo inizio. Eppure, quando venne il mio tempo, rimasi ugualmente stupito per ciò che quella gente aveva realizzato.
Mi soffermai su ogni intarsio, porta, finestra. Scrutai tutto con ammirazione. Quei piccoli uomini lo avevano fatto davvero, io l’avevo visto.
Ora aspettavano me.

Il primo richiamo che sentii fu lo schianto dell’acqua. Impattò contro il pavimento, fu rimestata e sfregata per eliminare ogni impurità, e io mi ridestai. Nel giro di un attimo, un dolce profumo di pulito invase la casa, arrivando fino a me. Appena mi diressi verso di lui, fui investito dal secondo richiamo.
La fragranza del pane.
Non ebbi bisogno di andare a vedere, sapevo che lui e il sale stavano entrando insieme nella dimora. Adesso toccava a me.

Sospirai, e una folata d’aria calda s’insinuò fra le pareti, asciugando le gocce d’acqua ancora sparse sul pavimento. Non sentivo più né l’aroma del pane, né l’odore di pulito. Era lieve, ma già iniziava ad aleggiare nell’aria il profumo che li avrebbe rimpiazzati. Così lo seguii, e mi ritrovai nel cuore della casa. Lì, in cucina, la famiglia era tutta riunita, stanca ma felice, e il pesce friggeva nella grande padella sul fuoco. Sbattei le palpebre, e quando le riaprii il pesce era stato servito. Allora, tutti intonarono subito: «Patrunedda ri casa rati saluti, fortuna e pruvirenza a la famigghia chi veni a stari ‘nta sta casa.»
La mia risata si tradusse in una seconda ventata d’aria, che scompigliò i capelli dei bambini e arruffò quelli della madre. Loro interpretarono il mio gesto come segno di buon auspicio, e iniziarono a mangiare gioiosi, ringraziandomi per la mia benedizione.
Non si rendevano conto, però, che gli unici degni d’essere ringraziati erano loro stessi.

SPIEGAZIONE:

La tradizione siciliana vuole che si seguano certe usanze quando si va ad abitare in una nuova casa. Per prima cosa, bisogna lavarla tutta, in quanto l’acqua purifica l’ambiente familiare. Poi è necessario portare pane e sale. Il primo garantisce che i padroni di casa non soffrano mai la fame, il secondo porta una vita piena di “sapori”. Infine, la prima pietanza da cucinare è il pesce fritto. Esso serve a ingraziarsi gli spiriti buoni che abitano la casa. Una delle formule da recitare è proprio quella trascritta nel racconto, che tradotta significa: “Patroni/spiriti della casa date salute, fortuna e provvidenza alla famiglia che viene a stare in questa casa”.

La rotta delle Leggende

Mani sapienti ci diedero vita.
Del florido Regno vedemmo la luce, ascoltandone i canti, le lodi e i sogni silenti.
Lassù, dal capo di Re Salomone, seguimmo le pietre nel loro cammino. Sudore, fatica e impegno costante portaron i massi a ergersi a Tempio.
E che inni, che feste! Che giorni gloriosi.
Non c’era fedele che non lacrimasse per dare al suo Re un pegno di gioia. Lacrime dolci, che arrivavano a noi.
Splendenti eravamo, in quei giorni gloriosi.

Mani spregevoli ci tolsero vita.
Del florido Regno vedemmo la fine, udendone grida, tristezza e sogni distrutti.
Laggiù, dal capo del fu Re Salomone, scorgemmo le pietre e il loro declino. Sangue, violenza e avidità strapparon i massi al Tempio perduto.
E che pena, che lutto! Che giorni sofferti.
Non c’era fedele che non lacrimasse per far sapere al suo Re quanto ancora l’amasse. Lacrime acri, che arrivarono a noi.
Stanchi eravamo, in quei giorni sofferti. Stanchi del mondo e della sua gente crudele.
E a partire da allora noi ci piegammo. Per mai più rialzare il nostro stelo verso il cielo e il suo inganno.

SPIEGAZIONE:

Secondo una delle tante leggende, re Salomone indossava una splendida corona decorata con fiori di Ciclamino. Ai tempi essi non avevano lo stelo piegato, bensì erano eretti. Quando, però, centinaia di anni dopo, il Primo Tempio fu distrutto e gli Ebrei vennero esiliati a Babilonia, i Ciclamini della corona chinarono la testa a causa del forte dispiacere per la tragedia. Da allora i ciclamini crescono così.

La Dama Verde

L’eco dei miei passi si perdeva dietro di me, lasciandomi solo.
Mi ero smarrito, proprio come quell’eco.
Provai a inseguirlo, nella vana speranza che insieme avremmo ritrovato la via. Ma più correvo verso di lui, più questi fuggiva. Non voleva che io lo trovassi, mi dissi. Forse perdersi era proprio ciò che desiderava.
Allora, con mio rammarico, accettai la sua scelta e smisi di rincorrerlo. Così facendo, mi ritrovai a vagare nuovamente tra le mura del Castello.

Non seppi mai quanto tempo trascorsi tra i cunicoli, con i ratti che correvano sul soffitto, ben intenti a restare nell’ombra. Persino loro volevano che restassi solo.
Vagai senza meta, con l’umidità della roccia nelle vene e il desiderio di ritrovare l’uscita nel cuore.
Non avevo paura, ma aborrivo la solitudine. E forse fu proprio per quello che alla fine… la vidi.

Giunsi sulla Flag Tower seguendo Lei, anche se non lo sapevo ancora. Il suo verde brillante attirò la mia attenzione in mezzo a tutta quella roccia grigia, perciò decisi di percorrere la sua stessa via. Quando scoprii che mi aveva condotto su quella torre, esultai.
Vedevo finalmente il mondo esterno!
La mia gioia, però, durò ben poco. Mi accorsi che quel mondo a cui tanto volevo tornare era più grigio della roccia alle mie spalle. Era un mondo vuoto, in cui non sarei stato meno solo di quanto lo ero allora.
Sospirai, e fu in quel momento che la vidi sul serio. L’Edera che avevo seguito… Lei era viva. Mi scrutava, una splendida e dolce Dama Verde. Allungò una delle sue nodose braccia verso di me, e quando la sua carezza mi raggiunse capii che il verde avrebbe finalmente tinteggiato le grigie pareti del mio cuore.

SPIEGAZIONE:

Secondo un’antica leggenda celtica, nel Castello di Caerphilly, si cela il fantasma di una donna uccisa per amore, denominata la dama verde. Questa avrebbe la capacità di trasformarsi in edera, la stessa che avvolge gran parte del Castello. Si dice, inoltre, che il luogo da lei preferito sia la Flag Tower, in cui in molti affermano di averla vista.