Liwaria – La spada di diamante blu, recensione libro
Dietro una profezia può celarsi un oscuro mistero o un meraviglioso risvolto, ma in “Liwaria – La spada di diamante blu” si annida una vera e propria condanna.
Nasce un uomo, nasce il suo arazzo. I fili che danno vita al suo intreccio sono ciò che i mortali chiamano “destino”, sebbene spesso non si accorgano che essi non si annodano da soli ma che sono loro a guidarli. Scelta dopo scelta, il disegno dell’arazzo prende forma. Ma cosa succede se, all’improvviso, i fili vengono recisi e riassemblati da dita estranee?
Una falsa profezia distorce l’arazzo di Hilya, che a nove anni si scopre additata come colei che distruggerà Liwaria tramite il risveglio dei temibili Senzaluce. Il mondo freme a quella scoperta e Hilya è costretta a fuggire, lasciandosi dietro solo terra bruciata.
Sedici anni dopo, Hilya sente di non poter più rimandare: è giunto il momento di scoprire in che modo la spada di diamante blu lasciatale dalla madre rappresenti il suo riscatto. Ebbene sì, perché è esattamente così che quel cimelio le è stato donato: con la certezza che possa aiutare Hilya a dimostrare chi è realmente. E far capire che nessuno può stabilire il destino di un uomo, se non lui stesso.
L’equilibrio rotto di Liwaria, però, è lungi dal favorirle l’impresa. Le minacce contro cui la giovane mezzosangue si scontra fanno vacillare quelle poche certezze che ha e la mettono faccia a faccia con i suoi limiti, le sue debolezze, la sua inesperienza. E, soprattutto, con un concetto che Hilya si rifiuta di abbracciare, ovvero che non si può fare sempre affidamento solo su se stessi. Ma se continuerà a non accettarlo e non aprirà la sua mente e il suo cuore ai compagni che davvero vogliono aiutarla, potrebbe accorgersi del suo errore troppo tardi…
Associo questo libro alla Runa…
“Liwaria – La spada di diamante blu” è fulmini su cuori di ghiaccio. È cicatrici che non guariranno mai. È sangue avvelenato, che brucia più del fuoco.
“Liwaria – La spada di diamante blu” è persecuzioni, drammi, menzogne e pregiudizi. È il ritorno delle ombre, quando di luce – ormai – non ce n’è più.
Sono passati sedici anni da quando Hilya è fuggita dalla sua famiglia distrutta, dalla sua terra in fiamme e dalla sé di nove anni agguerrita ma spensierata. Oltre a Helcar, suo mentore e “padre adottivo”, tutto ciò che l’è rimasto sono una spada di diamante blu e il suo legame col ghiaccio. Se dal secondo trae conforto, dalla prima sente confusione e speranza. Si tratta di un’arma che non dovrebbe esistere, ma che sua madre le ha lasciato come simbolo del suo riscatto. Tuttavia, Hilya si domanda come possa una spada liberala dalla falsa profezia che le ha rovinato la vita. Potrà davvero usarla per dimostrare che lei non ha alcuna intenzione di liberare i terribili Senzaluce?
Il viaggio che la mezzosangue intraprende per trovare risposta a tale domanda la costringe non solo a fare i conti con se stessa e le sue fragilità, ma anche con giochi di potere più grandi di lei a cui non desidera affatto mischiarsi. Così come non vuole avere nulla a che fare con gli altri “Eroi” che incontra lungo il cammino. Per questo, a differenza di quanto afferma la Runa Wunjo, Hilya non gode delle gioie derivanti da un sano rapporto con gli “Dei” e con gli altri Eroi, il quale le permetterebbe di guarire dalle ferite dello spirito. Bensì si radica nella sua solitudine e si allontana dal successo della sua missione.
Tale missione si srotola all’interno del vasto mondo di Liwaria, che Giada Abbiati ci fa conoscere tramite una scrittura scorrevole e chiara, così da alleggerire la mole d’informazioni e catturare la nostra attenzione. Il suo stile d’impatto e ricco tratteggia sapientemente i numerosi personaggi di cui seguiamo le gesta, e con i quali entriamo ben presto in empatia. Non mancano le parti adrenaliniche e, grazie al legame che s’instaura con i personaggi, le scene più “lente” non risultano mai noiose, sebbene siano preponderanti. I flashback slegati dal contesto narrativo di alcuni capitoli, poi, possono far scaturire un po’ di confusione nella mente del lettore. Tuttavia, sono un buon espediente per incuriosire e generare mistero!
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Buona lettura, che tu possa essere sempre l’unico artefice del tuo destino.