La sagoma nella luce, recensione libro con rune
Uno scatto, la pellicola del film inizia a scorrere, e le scene in bianco e nero de “La sagoma nella luce” prendono vita.
Non esiste il colore, nelle pellicole dei film in bianco e nero. E non esiste nemmeno nelle vite di Lorenzo, Massimo, Maria e Gianni.
Solitario e disilluso, Lorenzo si rifugia nel Cinema Splendor ogni mercoledì. Vede e rivede i film d’altri tempi, tanto lontani per gli altri quanto vicini per lui. Sono tutto il suo mondo. Porti sicuri che cullano il cuore di quello studente universitario smarrito.
Almeno finché non scorge una ragazza, proprio dentro al suo cinema.
Massimo scruta fuori dalla finestra del suo studio da psicologo, ma i suoi occhi non colgono nulla. Né tantomeno le sue orecchie. I suoi pazienti parlano, ma lui non li sente. È troppo intento a chiedersi perché la sua vita si sia ridotta al grigiore sporco che è adesso. Poi, però, il suo pensiero viene spezzato: una giovane paziente è entrata nella stanza, attirando tutta la sua attenzione.
Ed è proprio l’attenzione ciò che vacilla dentro Maria, mentre le giornate si susseguono lente e uguali dentro la casa di riposo. Momenti di lucidità si alternano a frangenti di confusione e dimenticanza. Eppure, c’è una cosa che Maria non potrà mai dimenticare. Una persona: suo marito Gianni, che forse, presto, andrà a reclamarla.
Chi reclamerebbe, invece, un tossico come Gianni? Nessuno, nemmeno sua madre. Tantomeno, sua madre.
In verità, però, c’è Jessica: lei è l’unica ad amarlo. Lo ama così tanto da abbracciare anche lei la droga, per stargli vicino e sentire ciò che sente lui.
Amore.
È da lì che parte tutto.
È lì che tutto finisce.
Ed è nelle malinconiche, distorte e dolci differenti tonalità dell’amore che tutti troveranno la loro sagoma nella luce.
Associo questo libro alla Runa…
“La sagoma nella luce” comincia con un click: la pellicola del film si appresta a scorrere e narrare. Scene in bianco e nero si susseguono, apparentemente slegate tra loro. Il volto di un giovane universitario, il respiro stanco di uno psicologo, gli occhi tristi di una donna anziana, le braccia bucate di un ragazzo perduto.
“La sagoma nella luce” è malinconica e cupa, odora di lotte e sconfitte. Con stacchi netti e nessuna dissolvenza, alterna le sequenze delle vite di quattro persone. Nessuno di loro vede più i colori, solo un’infinita scala di grigi. Almeno finché non giunge per loro una sagoma nella luce.
Lorenzo Lombardi ci catapulta nelle realtà di Gianni, Maria, Massimo e Lorenzo. Traccia sapientemente la loro psicologia, le loro sofferenze e traumi più profondi. Sono personaggi fortemente realistici, i suoi, che discostano le tende rivelando quella parte del mondo triste e apparentemente senza speranza.
Il loro modo di osservare e definire la vita li fa oscillare tra desiderio di giustizia e senso di sconfitta. Per questo ho deciso di associare a questo libro la Runa Teiwaz. Essa indica il Guerriero della Luce, che lotta per la giustizia universale. Ma se letta a rovescio, ecco che emergono i significati opposti: disonestà, sacrificio, errori di valutazione. Teiwaz è, dunque, anche pagare il prezzo delle proprie azioni. Che è esattamente ciò che fanno i protagonisti di questa storia.
“La sagoma nella luce” ha un grande potenziale, proprio per il realismo che contiene e che, al contempo, si mescola a tratti onirici che intrigano. Il finale, però, non permette a quel potenziale di esprimersi del tutto. Sembra manchi qualcosa, c’è un senso di incompletezza che aleggia a fine lettura. Il focus dell’autore era sicuramente volto verso altri aspetti, non tanto alla trama in sé. Tuttavia, quella mancanza finale ha comportato – almeno per me – una delusione di fondo dopo una lettura che, invece, mi aveva incuriosito.
Come sempre, ti invito ad acquistare una copia di “La sagoma nella luce” su Amazon per ottenere tu stesso un’idea dell’opera. Se le mie parole ti hanno comunque incuriosito, approfondisci in prima persona!
Buona lettura, non lasciare mai che traumi e sofferenze schiaccino la tua vita.