Recensione: “I viaggi di Gulliver” – satira mascherata d’avventura
Se sei stufo dei soliti libri di viaggio, segui le orme del protagonista de “I viaggi di Gulliver“…non resterai insoddisfatto!
“(…) l’uso della parola ci è stato dato per intenderci l’un l’altro e per essere informati dei fatti avvenuti; ma se uno mi dice la cosa che non è, questi scopi non sono raggiunti, perché, a rigore, non posso dire di aver capito e tanto meno di essere stato informato visto che rimango in uno stato peggiore dell’ignoranza, credendo nero quel che è bianco e corto quel che è lungo.”
-“I viaggi di Gulliver”; Jonathan Swift.
Terre inesplorate attendono oltre i confini del nostro mondo.
Creature bizzarre, dall’intelletto sviluppato o diversamente strutturato, popolano quei luoghi. Riunite in comunità che mai potremo immaginarci, quelle civiltà conducono le loro vite ignare della nostra presenza.
Ma cosa accadrebbe se un essere umano ci s’imbattesse per errore?
Paura, curiosità, orrore o idolatria.
Tali creature potrebbero reagire in qualunque modo e solo un individuo altamente preparato o con forte spirito d’iniziativa potrebbe uscirne indenne.
Dovrebbe trovare il modo di adattarsi alle nuove leggi, imparare la lingua del luogo e scoprire quale sia l’approccio migliore per non finire cacciato via…o peggio.
Non è di certo un’impresa da prendere a cuor leggero, ma sappiamo bene che chi cova dentro di sé l’animo di un avventuriero non riesce a resistere al richiamo.
Solcare gli oceani fino ad approdare in terre sconosciute, imbattersi in scoperte sensazionali, venire a conoscenza di un sapere ancestrale e, infine, uscirne con tutti i meriti per aver compiuto tale impresa!
Quale avventuriero rinuncerebbe a tutto ciò?
Forse qualcuno, dopo aver tentato la sorte ed esserne uscito vivo quasi per miracolo, rinuncerebbe a seguire tale cammino. Chiunque abbia un minimo di senno lo farebbe, penserete voi.
Tuttavia, ci fu un uomo che andò contro le aspettative di qualsiasi persona.
Ci fu un signore inglese che sfidò la morte più e più volte, fino a quando non si ritenne soddisfatto delle proprie scoperte. Tale individuo decise, al concludersi delle proprie avventure, di scrivere un’opera che le avrebbe racchiuse tutte.
Quel libro prende il nome di “Le avventure di Gulliver”.
Lemuel Gulliver, il Cristoforo Colombo del XVIII secolo
“Risposi che, a mio parere, di libri di viaggio ne avevamo fin sopra la testa: tutti valevan cose straordinarie e alcuni autori, sospettavo, attingevano meno alla verità che alla loro propria vanità, al loro interesse e al desiderio di divertire lettori ignoranti. La mia storia conteneva poco più che eventi comuni, e mancava di tutte quelle descrizioni ornamentali di strane piante, alberi, uccelli e altri animali, di tutte quelle barbare usanze e idolatrie di popoli selvaggi che abbondano in tanti altri libri di viaggi.”
-“I viaggi di Gulliver”; Jonathan Swift.
Lemuel Gulliver, gentiluomo inglese – medico di professione – avente moglie e figli.
Tutto qua, niente di più e niente di meno.
Una semplice frase descrive il nostro protagonista e tale sarebbe rimasta se Gulliver avesse continuato a svolgere tranquillamente la sua attività sulla terraferma. Per sua sfortuna – o fortuna? – gli affari non andavano molto bene, però, e ciò lo costrinse a prendere servizio su una nave, l’Antilope, come medico di bordo.
Lasciare le comodità della propria casa gli dispiaceva, certo, ma andare per mare gli era sempre piaciuto e l’idea di vedere il mondo con i propri occhi non lo stancava affatto.
Pertanto, il 4 maggio 1699, Gulliver salpò con il resto dell’equipaggio con rotta verso i Mari del Sud. Il gentiluomo era del tutto ignaro del fatto che quello sarebbe stato l’inizio della sua più grande avventura.
Difatti, a causa di un vento violento, la nave andò a schiantarsi sugli scogli e Gulliver, pur salvandosi miracolosamente, andò a finire sulle coste della prima delle quattro grandi terre fantastiche nelle quali si sarebbe imbattuto.
Del tutto intenzionato a sopravvivere, Gulliver s’impegnò con tutto se stesso per affrontare il popolo che incontrò su quella terra, ossia i lillipuziani.
Minuscole creature, uguali in tutto e per tutto agli esseri umani se non per l’altezza, provavano grande timore verso quel gigante che era approdato sulle spiagge di Lilliput, ma la loro paura non fu sufficiente al nostro protagonista per scappare e avere la meglio su di loro. No, perché i lillipuziani potevano anche essere piccoli, ma erano decisamente in vantaggio numerico.
Come riuscì, dunque, Gulliver a scappare da Lilliput e a proseguire nelle sue avventure?
Nani, giganti, cavalli parlanti…nuovi piccoli e grandi popoli
«Mio piccolo amico Grildrig, voi mi avete fatto un meraviglioso panegirico del vostro paese: avete chiaramente dimostrato che l’ignoranza, la pigrizia e il vizio sono gli elementi più adatti che si richiedono in un vostro legislatore; che le leggi sono spiegate, interpretate e applicate soprattutto da coloro il cui interesse e la cui abilità consistono nello snaturarle, imbrogliarle ed eluderle. Vedo, nel vostro popolo, certe linee fondamentali di una costituzione che, alle sue origini, poteva anche esser passabile; ma son quasi cancellate e quel che ne rimane è interamente macchiato e infamato dalla corruzione.»
-“I viaggi di Gulliver”; Jonathan Swift.
Passare dall’essere l’individuo più possente e temuto dai lillipuziani a rappresentare niente più d’un insetto per gli abitanti di Brobdingnag non fu l’unica cosa che sconcertò Gulliver.
Dopo aver imparato la loro lingua, infatti, fu ben lieto di raccontare a quei giganti come fosse il proprio mondo. Da brav’uomo inglese, espresse tutto ciò che caratterizza la sua terra natia e, in generale, il mondo civilizzato. Così facendo, era certo di ricevere approvazione o segni di meraviglia da parte di quel popolo sconosciuto, invece fu l’esatto opposto.
Agli occhi di tutti i popoli che incontrò, la società che Gulliver definiva “civilizzata” appariva, al contrario, in tutto e per tutto priva di senso, arretrata e sconsiderata.
Vizi, ignoranza, pigrizia, cattiva condotta erano tutto ciò che gli abitanti di tutte le terre esplorate da Gulliver riuscivano a scorgere nella descrizione del mondo in cui l’umanità aveva imposto la propria supremazia.
Cosa potesse mai esserci da vantarsi tanto di una società in cui i giusti vengono derisi e i truffatori siedono al comando?
In un primo momento, Gulliver rimase molto offeso da tali considerazioni, ma quando giunse nell’ultima terra – il paese degli Huyhnhnm– si rese conto che, in fin dei conti, non avevano tutti i torti.
Il mondo “civilizzato” era corrotto e pieno di difetti.
Come avrà reagito Gulliver davanti a tale verità?
“I viaggi di Gulliver” – una gigantesca satira travestita d’avventura!
“Milioni di vite sono state sacrificate dalle divergenze di opinioni: ad esempio, se la carne sia pane o il pane sia carne; se il frutto di una certa bacca sia sangue o vino; se il fischiare sia un vizio o una virtù; se sia meglio baciare un palo o gettarlo nel fuoco; se il miglior colore per un abito sia il nero, il bianco, il rosso o il grigio, se debba essere lungo o corto, stretto o largo, sudicio o pulito, e così via. Né vi son guerre tanto accese e sanguinose né di così lunga durata come quelle sorte per divergenze di opinioni, specialmente quando si tratta di cose indifferenti.”
-“I viaggi di Gulliver”; Jonathan Swift.
I libri d’avventura sono sempre piaciuti a tutti.
Seguire le mirabolanti imprese del protagonista di turno e vederlo finire nelle più strane e sconosciute terre del nostro pianeta ha il suo fascino. Ecco perché pubblicare romanzi di quel genere non è mai stato un gran problema.
Le opere satiriche, invece, non godono della stessa “fortuna”. No, perché la verità è molto più scomoda della fantasia.
Ma cosa succede se una gigantesca satira viene travestita d’avventura?
Jonathan Swift ha ben pensato di fare un tentativo e – sebbene sia stato censurato lo stesso – ha avuto la propria rivalsa nei tempi avvenire.
Ne “I viaggi di Gulliver”, l’autore da voce a critiche di ogni genere – politiche, sociali, religiose, filosofiche – attraverso i popoli immaginari incontrati da Gulliver. Mettendo in scena personaggi grotteschi e al limite della realtà, Swift incarna in loro vizi e virtù, in modo da coinvolgere il lettore in un’attenta riflessione sulla natura umana.
Le città e le terre inventate dall’autore del libro, però, non fungono da modelli da prendere in considerazione per poter rivoluzionare il mondo in cui viviamo, basandolo sulle leggi e sullo stile di vita di quelle bizzarre civiltà. Esse hanno il solo scopo satirico e ironico di far venire a galla tutti i problemi che affliggono ciò che noi chiamiamo “mondo civilizzato” e, magari, attraverso tale processo trovare un modo di migliorarci e migliorarlo.
Il protagonista di questa grande opera, Lemuel Gulliver, affronta un percorso evolutivo che solo alla fine della storia lo porterà a far coincidere le proprie idee con quelle dello scrittore. Se all’inizio non riusciva a spiegarsi lo sdegno dimostrato dai popoli fantastici nei confronti dell’umanità, al termine del proprio viaggio non potrà che essere più che d’accordo con loro.
Ma c’è un’altra critica, per niente celata, tra le pagine del romanzo.
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Buona lettura, avventurieri, un grande tesoro vi attende!